Meglio usare che possedere, i trentenni cambiano i consumi
Per
capirli davvero, bisogna darsi appuntamento alle tre di notte, a
Bergamo Orio al Serio o qualunque altro aeroporto da compagnie low cost.
Lì, tra le corsie vuote del check-in, in mezzo a luci e rumori
perpetui, mentre il personale pulisce il pavimento e svuota i cestini,
ne troverete tanti.
Giovani adulti, al massimo trentenni o poco oltre, curvi su un sedile scomodo, abbracciati a un trolley, sdraiati a terra dentro un sacco a pelo. A volte attrezzati di mascherina paraocchi o cuffie isola-orecchie. Sempre e comunque pronti a far ciò che mai ai loro padri sarebbe saltato in mente: dormire in aeroporto. Quasi un rito, certamente il simbolo di una generazione. Quella dei cosiddetti «Millennials», o «Generazione Y», i trentenni, quelli, insomma nati dal 1980 in poi.
Non a caso, per chiamarli spesso si è ricorso a un’altra etichetta, quella di «Generazione Ryanair». C’entrano gli orari – mattutini e infausti – dei voli low cost. Ma c’è molto di più. C’è una nuova filosofia di consumo, la necessità e la voglia di fare esperienze senza spendere un euro più del necessario, la concretezza di chi è diventato grande al tempo della crisi, la capacità e la voglia di risparmiare, ogni volta che si può.
Le notti in aeroporto sono solo un esempio. Il principio vale e si vede in mille altre situazioni. Ed è uno schema che non passerà, destinato a rimanere e a cambiare tutto, in materia di consumi.
A suggerirlo è un’inchiesta del settimanale economico «Forbes», che lo dice senza mezzi termini: «I Millennials stanno cambiando per sempre il modo di usare i soldi». Pragmatici fino (quasi) alla spilorceria, i venti-trentenni di oggi badano al sodo. Puntano a usare più che a possedere. Comprano un vestito o scelgono un viaggio guardando prima di tutto il prezzo, a volte passando ore a cercare la soluzione più intelligente ed economica. Si affidano alla tecnologia e a Internet per trovare l’offerta o la strategia giusta, e anche per gestire i propri risparmi.
Secondo una ricerca di Accenture, negli Stati Uniti è già il 94 per cento dei 18-29enni a usare i servizi online delle banche, mentre il 39 per cento di loro è disposto ad affidarsi a una banca senza filiali, tutta virtuale. Ancor più importante: il 66 per cento di questi giovani adulti spende sempre secondo un budget prefissato, con criterio e parsimonia, mentre a farlo è solo il 36 per cento degli over 55.
Come detto, sono dati che riguardano i Millennials americani. Ma – con la dovuta prudenza – si possono applicare un po’ a tutto l’Occidente, Italia inclusa. I numeri aiutano anche a spiegare il successo della «sharing economy», l’economia collaborativa di chi divide una casa in affitto, viaggia con BlaBlaCar e simili (car sharing), usa le bici pubbliche (bike sharing), lavora in spazi condivisi (coworking), o finanzia i propri progetti con la colletta virtuale (crowdfunding).
È - si capisce - un mondo molto anglofono e molto online. Ma guai a vederci una rivoluzione solo tecnologica. La metamorfosi si vede infatti nel mondo reale almeno quanto su Internet. È così che si vendono sempre meno vestiti di marca e i negozi come H&M e Zara – mondi tutt’altro che digitali – sono sempre affollati.
E così è nata la ribellione ai taxi tradizionali e si è diffuso Uber («Se si può pagare meno, che importa la licenza?», pensa il Millennial-tipo). E poi c’è il pellegrinaggio all’Ikea, diventato un altro rito simbolo, da coppiette che arredano una casa – magari in affitto – secondo il loro gusto e impulso del momento. Per qualche anno e non per l’eternità, con mobili destinati a durare quanto serve e pronti ad essere cambiati in un attimo, se cambiano le esigenze o non piacciono più.
Meglio cambiare spesso che rimanere prigionieri di mobili, scarpe, vestiti troppo costosi. Meglio far esperienze e viaggiare, seppur con qualche compromesso, che dover rinunciare perché costa troppo. È questo cambio di mentalità ciò che più distingue i Millennials da padri e nonni. Lungo la strada sono caduti tanti tabù delle generazioni precedenti, non solo quello di dormire in aeroporto. Basti pensare che in Italia il mercato dell’usato riguarda ormai il 44 per cento della popolazione e – tra mobili, vestiti, libri e tecnologia – ha raggiunto un giro d’affari di 18 miliardi di euro all’anno (dati Doxa).
Quando la generazione Y diventerà grande cambierà idea? Viaggerà in prima classe e comprerà di marca? Sarà più consumista e meno sparagnina? Difficile dirlo, ma nei dati ci sono tutti gli indizi per credere che questo non succederà.
Nel 2020 i Millennials saranno già un quarto della popolazione italiana e il 36 per cento di quella degli Stati Uniti, il Paese da cui tutto il cambiamento è partito. A quell’altezza, lo capiremo meglio. E se, come diceva «Forbes», il nuovo modo di usare il denaro è destinato a rimanere, saranno gli altri – governi, banche, aziende – a doversi adattare.
Giovani adulti, al massimo trentenni o poco oltre, curvi su un sedile scomodo, abbracciati a un trolley, sdraiati a terra dentro un sacco a pelo. A volte attrezzati di mascherina paraocchi o cuffie isola-orecchie. Sempre e comunque pronti a far ciò che mai ai loro padri sarebbe saltato in mente: dormire in aeroporto. Quasi un rito, certamente il simbolo di una generazione. Quella dei cosiddetti «Millennials», o «Generazione Y», i trentenni, quelli, insomma nati dal 1980 in poi.
Non a caso, per chiamarli spesso si è ricorso a un’altra etichetta, quella di «Generazione Ryanair». C’entrano gli orari – mattutini e infausti – dei voli low cost. Ma c’è molto di più. C’è una nuova filosofia di consumo, la necessità e la voglia di fare esperienze senza spendere un euro più del necessario, la concretezza di chi è diventato grande al tempo della crisi, la capacità e la voglia di risparmiare, ogni volta che si può.
Le notti in aeroporto sono solo un esempio. Il principio vale e si vede in mille altre situazioni. Ed è uno schema che non passerà, destinato a rimanere e a cambiare tutto, in materia di consumi.
A suggerirlo è un’inchiesta del settimanale economico «Forbes», che lo dice senza mezzi termini: «I Millennials stanno cambiando per sempre il modo di usare i soldi». Pragmatici fino (quasi) alla spilorceria, i venti-trentenni di oggi badano al sodo. Puntano a usare più che a possedere. Comprano un vestito o scelgono un viaggio guardando prima di tutto il prezzo, a volte passando ore a cercare la soluzione più intelligente ed economica. Si affidano alla tecnologia e a Internet per trovare l’offerta o la strategia giusta, e anche per gestire i propri risparmi.
Secondo una ricerca di Accenture, negli Stati Uniti è già il 94 per cento dei 18-29enni a usare i servizi online delle banche, mentre il 39 per cento di loro è disposto ad affidarsi a una banca senza filiali, tutta virtuale. Ancor più importante: il 66 per cento di questi giovani adulti spende sempre secondo un budget prefissato, con criterio e parsimonia, mentre a farlo è solo il 36 per cento degli over 55.
Come detto, sono dati che riguardano i Millennials americani. Ma – con la dovuta prudenza – si possono applicare un po’ a tutto l’Occidente, Italia inclusa. I numeri aiutano anche a spiegare il successo della «sharing economy», l’economia collaborativa di chi divide una casa in affitto, viaggia con BlaBlaCar e simili (car sharing), usa le bici pubbliche (bike sharing), lavora in spazi condivisi (coworking), o finanzia i propri progetti con la colletta virtuale (crowdfunding).
È - si capisce - un mondo molto anglofono e molto online. Ma guai a vederci una rivoluzione solo tecnologica. La metamorfosi si vede infatti nel mondo reale almeno quanto su Internet. È così che si vendono sempre meno vestiti di marca e i negozi come H&M e Zara – mondi tutt’altro che digitali – sono sempre affollati.
E così è nata la ribellione ai taxi tradizionali e si è diffuso Uber («Se si può pagare meno, che importa la licenza?», pensa il Millennial-tipo). E poi c’è il pellegrinaggio all’Ikea, diventato un altro rito simbolo, da coppiette che arredano una casa – magari in affitto – secondo il loro gusto e impulso del momento. Per qualche anno e non per l’eternità, con mobili destinati a durare quanto serve e pronti ad essere cambiati in un attimo, se cambiano le esigenze o non piacciono più.
Meglio cambiare spesso che rimanere prigionieri di mobili, scarpe, vestiti troppo costosi. Meglio far esperienze e viaggiare, seppur con qualche compromesso, che dover rinunciare perché costa troppo. È questo cambio di mentalità ciò che più distingue i Millennials da padri e nonni. Lungo la strada sono caduti tanti tabù delle generazioni precedenti, non solo quello di dormire in aeroporto. Basti pensare che in Italia il mercato dell’usato riguarda ormai il 44 per cento della popolazione e – tra mobili, vestiti, libri e tecnologia – ha raggiunto un giro d’affari di 18 miliardi di euro all’anno (dati Doxa).
Quando la generazione Y diventerà grande cambierà idea? Viaggerà in prima classe e comprerà di marca? Sarà più consumista e meno sparagnina? Difficile dirlo, ma nei dati ci sono tutti gli indizi per credere che questo non succederà.
Nel 2020 i Millennials saranno già un quarto della popolazione italiana e il 36 per cento di quella degli Stati Uniti, il Paese da cui tutto il cambiamento è partito. A quell’altezza, lo capiremo meglio. E se, come diceva «Forbes», il nuovo modo di usare il denaro è destinato a rimanere, saranno gli altri – governi, banche, aziende – a doversi adattare.
Nessun commento:
Posta un commento